Nell’anno della pandemia, parlare di benessere potrà sembrare quantomeno incomprensibile. Già perchè non tutti immaginano che le conseguenze del virus siano di carattere biologico. In tutti talk-show, su tutti i social media, virologi ed immunologi più o meno blasonati non fanno che parlare dell’aggressività del virus sui corpi dei pazienti nonchè degli strascichi che il Covid-19 lasci in eredità a chi abbia la forza di sopravvivergli. Ma le conseguenze psicologiche? In questo mondo iper-liquido ed ultra-connesso vengono mai considerate? Una piccola digressione si rende necessaria. Riavvolgendo il nastro a 7 mesi fa (era di fatto il 10 marzo quando il governo ha imposto a tutti un lock-down durato 3 lunghissimi mesi), cosa rimane di quei convogli tristi e silenziosi carichi di morte? Cosa degli inni agli eroi fino al giorno prima ignorati e spesso malmenati? Inutile ricordare a chi legge che la risposta – così come la domanda – sia pura retorica. Basta affacciarsi oggi da uno quegli ormai famosi balconi, unico punto di contatto tra il mondo interno (o interiore) e l’esterno, per scorgere il più incosciente tra gli atteggiamenti “il menefreghismo”. Ma il festeggiare liberamente – o per alcuni libertinamente – un lieto evento può considerarsi una forma di benessere? La risposta è no! Automatizzando questa inferenza si cadrebbe nel più classico degli errori, quello di pensare che vada tutto bene. Evitando il terrorismo psicologico che porterebbe a pensare che ognuno di noi abbia dei problemi irrisolvibili che necessitino di una figura di riferimento, sarebbe opportuno pensare però a chi, per emulazione o magari per ignoranza pensa di non avere affatto problemi. Ma come si può evitare che i problemi che ci attanagliano ci schiaccino? Beh, così come l’idraulico è capace di rimuovere quella goccia traboccante che durante la notte disturba il nostro sonno una figura professionale per cercare di capire come utilizzare i propri strumenti per risolvere il dilemma c’è e si chiama “psicologo” o – ancora più correttamente – “psicoterapeuta”! Due nomi per la stessa figura? No! Il primo ci può aiutare ad individuare quale possa essere la nostra difficoltà mentre il secondo ci aiuta ad affrontarla ed a sconfiggerla. Il gioco sembrerebbe fatto, ed invece no! Uno dei più anacronistici retaggi culturali ci porta a credere che dallo psicologo (o dallo psicoterapeuta) ci vadano solo i matti e cosa ha portato negli anni questa infantile credenza popolare? A questo punto molti sciorinerebbero freddi numeri di persone in divisa che hanno deciso di farla finita per rimarcare la necessità di benessere psicologico anche tra chi ha deciso di vivere servendo il proprio paese con o senza le stellette cucite al bavero, magari proponendo una veloce e semplice alternativa (basta chiamare questo numero! Risoluzione immediata! etc, etc) ma cosa cambierebbe nella mente di chi legge queste righe sapere che nel 2019 ci sono stati 69 suicidi o che quest’anno la tragica conta abbia raggiunto già in pietoso numero di 43? Niente! E non per mancanza di rispetto verso le vittime ma perchè – così come ci si è dimenticati delle pire di bare colme – si scorderebbero anche quelli che sono solo numeri. Il benessere non è questo, il benessere è un concetto che per essere vissuto deve attecchire con radici profonde e forti, è un processo lento ma senza soluzione di continuità in una semplice parola il benessere è cultura! Quando quella cultura comincerà a diffondersi senza la paura di accoglierla anche tutte le sorelle ed i fratelli in divisa potranno trovare il giusto riposo. A chiusura di questa riflessione fatta con chi avrà avuto il piacere (si spera) di arrivare fino in fondo un piccolo messaggio video girato in occasione della giornata mondiale della salute mentale dall’ordine degli Psicologi di Puglia in collaborazione con la Rimbamband per veicolare in poco meno di 2 minuti quel messaggio che si è cercato di sintetizzare in questa breve riflessione.

Buona giornata mondiale della salute mentale a tutti

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Di Sibas